La montagna che mangia gli uomini



Il 23 marzo in Bolivia e' il ¨dia del mar¨, il giorno in cui si ricorda la perdita della parte di territorio affacciata sull'oceano nella ¨guerra del pacifico¨ avantaggio del Cile. Ad Uyuni, fanfare e una piccola banda militare distraggono per una mezz'oretta dallo shopping per le bancarelle della fiera. Faccio i primi incontri boliviani, chiacchierando con un insegnante d'inglese in pensione e mettendo in mostra le mie qualita' cestistiche con due dodicenni: bastano 30 secondi a queste altitudini per farmi venire il fiatone e scatenare l'ilarita' delle mie due avveersarie che continuano a correre fresche come rose.

Le sei ore di bus fino a Potosi passano in fretta, tra paesaggi incredibili e storie di ordinaria follia raccontate da Arthur. La prima cosa che si nota e' il protagonista delle fortune e delle tragedie di questa citta': il Cerro Rico, la montagna d'argento, una rossa signora gravida che domina la sottostante Potosi.
La citta' e' considerata il centro abitato piu' alto del pianeta (4300metri slm) e per alcuni secoli pure uno dei piu' ricchi, tanto era l'argento estratto nelle vicinanze.
Durante la dominazione spagnola qui' venivano impiegati indios e schiavi importati dall'africa in turni massacranti: 6 mesi consecutivi senza vedere la luce del sole, 20 ore di lavoro e 4 di riposo, 7 giorni su 7. Si calcola che piu' di 8 milioni di persone siano morte sul alvoro nel Cerro Rico, da qui' il detto ¨la montagna che mangia gli uomini¨.

Alloggio in una vecchia casa coloniale convertita ad ostello e proprio qui' approccio la questione miniere con il film-documentario ¨el minero del diablo¨, utile introduzione alla visita in carne ed ossa ad una delle cooperative che ancora oggi scavano le viscere della terra per estrarre i pochi minerali rimasti.
Dura la vita dei mineros, che approdano qui per fuggire alla pur dignitosa miseria dei campi, pagando un caro prezzo per il loro aumento di salario. Oltre al rischio d'incidenti (qui si maneggia la dinamite come nei cartoni animati warner) l'esposizione a polveri e metalli porta molti ad ammalarsi di silicosi e accorcia la durata media della vita intorno ai 40 anni. Tra religione e superstizione (Dio che protegge all'aria aperta e il diavolo Tio da temere sottoterra) vengo a conoscenza degli usi e dei costumi di questa classe sociale povera ma orgogliosa che spesso sacrifica la propria vita per dare alla famiglia un'opportunita' di uscire dalla miseria.

Potosi porta in dote l'architettura coloniale e con essa chiese, palazzi e ville, ed e' bella, specialmente con il bel tempo. Per una nefasta coincidenza vengo bloccato qui da una protesta sulla via di Sucre (i bus non partono) proprio in una due giorni di tempo infame, con pioggia e temperature che varcano lo zero durante la notte.

Wuasleglla! (lingua quechua)

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