Al centro dell'impero


Cuzco, alla base della valle sacra del rio Urubamba, e' il centro dell'archeologia del Sud America e del turismo peruviano: antica capitale del pur breve impero Inca e principale centro politico spagnolo sotto Pizarro, la citta' e' un concentrato di edifici europei costruiti sulle fondamenta precolombiane  ed e' circondata da rovine di centri cerimoniali che i bravi spagnoli, nella miglior tradizione europea, hanno smantellato pezzo dopo pezzo considerandoli comodi ed economici depositi di materiale da costruzione. Come a Roma infatti, le chiese e i palazzi cittadini sono stati edificati con le pietre dei santuari antichi.

Alloggio per qualche giorno nel tranquillo quartiere di San Blas, su una collina con stupenda vista del centro storico. Pur dovendo slalomeggiare tra i procacciatori dei ristoranti e vecchie peruviane con lama al seguito che chiedono soldi per una foto, la differenza con altre zone della citta' e' enorme. Negozi di souvenir, bar, centri massaggi, yoga e agoterapia, tour operators e personaggipiu' o meno loschi che vendono di tutto ricoprono le strade del centro e, quando camminando a zonzo mi ritrovo per caso in mezzo a Tel Aviv (cartelli in hebrew, ragazzi coi soliti capelli arruffati, la barba incolta e i soliti sandali, ragazze truccate , con i soliti scarponcini e le felpe di lana made in bolivia) capisco di essere nella famigerata "Gringo Alley" e me la do a gambe levate!

A Cuzco ci passo qualche giorno per l'atmosfera rilassata e le nomerose attivita' a sfondo culturale: tra musei, siti archeologici e teatri folkloristici, imparo tantissimo sugli Inca e sulle tradizioni delle comunita' rurali peruviane.

Incontro casualmente per strada Kim e Sophie, due americane con cui avevo passato qualche giorno in Argentina, alle cascate di Iguazu, a gennaio: sono appena arrivate in citta' e con un paio di ragazzi che hanno conosciuto sull'autobus (uno di loro "sandalato" israeliano) andiamo a cena. E qui' ci risiamo: la solita conversazione insulsa e inutile che ho cominciato a ripudiare e ad odiare. "Da dove vieni", "quanto e' che viaggi in sud america", "dove sei stato". Non me ne frega niente. Non so neanche il tuo nome e non ti rivedro' piu' in vita mia, e quel che e' peggio, so benissimo dove sei stato e cosa hai fatto, esattamente come il 90%delle persone che viaggiano da queste parti (e il 99,99999999% delgi israeliani), basta!
Oltre a questo mi devo sorbire pseudo lezioni di montagna da uno che la neve non l'ha mai vista in vita sua e sostiene che in Sud America e' essenziale far parte di un gruppo organizzato per camminare sui sentieri e che devi avere portatori e muli altrimenti (in pratica) muori. Spaziando poi nel suo personale emporio dell'aneddotica del viaggiatore esperto sciolina perle del calibro di "l'Argentina e' bella ma e' cara" e "mi piace la Bolivia perche' e' cosi' economica..." Dopo averlo ringraziato a nome dell'umanita' per la scoperta dell'acqua calda lo lascio dirigersi verso i bar di Gringo Alley e me ne torno tra le scalette sulla mia collina.

Sono diventato intollerante? esageratamente? probabile.
E' da quando ho lasciato Arthur e le danesi che praticamente sono entrato in uno stato di autoisolamento. Non parlo con nessuno, leggo e sto in disparte. Di queste insulse relazioni di viaggio ne ho piene le tasche e, finche' non trovero' qualcuno che non inizia una conversazione con "da dove vieni", "quanto e' che viaggi in sud america", "dove sei stato", ne faccio volentieri a meno.

Hasta luego!

Commenti

Post più popolari