Wayuu Land


Pochi km fuori Maracaibo, la citta' piu' brutta e invivibile in cui abbia mai messo piede, il calore rimane forte e la strada si fa sempre meno trafficata, meno curata, fino a diventare dominata dale buche nell'asfalto che sembra vecchio di decenni.La Chevy Nova del ´78 su cui viaggio non ha finestrini e l'aria calda entra senza tregua da nord come da un gigante asciugacapelli.
Passiamo villaggi degradati, capanne di fortuna costruite tra cumuli di spazzatura, le piante con sacchetti di plastica multicolor al posto dei fiori. Sono i territori degli indigeni Wayuu, unica minoranza etnica sopravvissuta in Venezuela, popolo semi-nomade che non conosce confini e si muove non senza difficolta' tra queste zone e l'arida penisola de La Guajira in Colombia.
Non faccio in tempo ad estrarre la macchina fotografica che l'autista e il resto dell'equipaggio mi avvertono di nasconderla subito. Questa e' ¨Zona Roja¨, area di confine in tutti i sensi, tra i due paesi, tra nomadi e sedentari, tra legalita' e illegalita' dove sono frequenti assalti a mano armata. Meglio non scherzare col fuoco.

Torno in Colombia, e se in citta' a Maicao la differenza e' radicale e sembra di essere tornati in un paese moderno e sicuro, appena fuori ricomincia il deserto, il vento, la polvere, spazzatura ovunque, i Wayuu, le capre e i militari con il mitra in mano.
Tra mille e una fermata per i motivi piu' disparati, a bordo di un pickup carico all'inverosimile raggiungo Cabo La Vela, l'ultimo avamposto colombiano, il ¨Far East¨ come lo chiamano qui, una collezione di capanne adibite a rancheros (ristoranti), negozietti di artigianato locale e alberghi. L'albergo ¨Wayuu Style¨ consiste generalmente in un unico locale in cui vengono appese le tradizionali e comodissime amache, dette Chinchorros.

L'ambiente e' arido, brutale. Pochi arbusti tra cui si aggirano le capre e tanta, tanta polvere, ma il mare e' spettacolare, calmo piatto nonostante il vento (il che ne fa la destinazione perfetta per gli amanti del kitesurfing) di un turchese chiaro, caldo e poco profondo, tanto da dover camminare centinaia di metri per non toccare (il che ne fa la destinazione perfetta per gli amanti del ¨starsene sdraiati nell'acqua bassa¨).

Per raggiungere un' altra spiaggia, la popolare Pilon de Azucar, devo camminare quasi un' ora sotto il sole cocente, ma anche qui ne vale la pena. Passo le giornate ad abbrustolire in attesa che passi l'uomo dei gelati col suo carretto e le sere ad osservare i kitesurfer con il loro aquiloni.
Sembra perfetto ma il tizio che dorme nell'amaca a fianco russa come un caprone non laciandomi chiudere occhi la notte.
Non si puo' avere tutto dalla vita...

Devlesa!

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