La strada lungo il fiume


Ogni volta che ricevo una brutta notizia, la morte di una persona conosciuta, di un parente, mi attraversano sensazioni contrastanti. Sto, stiamo, entrando in una fase della nostra vita in cui, tra le altre cose (costruirsi un futuro, aprirsi nuove strade nel mondo, lasciare la vita fanciullesca a cui eravamo abituati) le partenze delle persone care e non solo di quelle piu' anziane saranno sempre piu' frequenti. Il contrasto dentro di me e' dettato piu' che altro da un certo senso di colpa, di inadeguatezza per quello che ¨dovrei sentire¨: tristezza, angoscia, disperazione... quando cio' a cui veramente penso e' alla visione d'insieme, alla inevitabilita' della morte e alla sua complementarieta' con la vita stessa.

Proseguendo la mia strada verso nord, attraverso Villa de Leyva, un paese tutto bianco che potrebe fare da sfondo ad un film di Zorro, e seguendo il corso del fiume Fonce mi stanzio per una settimana a San Gil. I lavori stradali sono una costante di questo tratto di percorso, e vanno ad aggiungersi alle gia' lunghe corse in autobus. L'episodio piu' clamoroso, l'attesa di 6 ore a bordo strada con gli operai a far saltare in aria a forza di dinamite mezza montagna, colpita la settimana prima da una frana.

A San Gil trovo un bell'ostello sulla collina (tanto per cambiare) a pochi minuti dalla piazza principale, semivuoto (in una settimana da 1 a 3 ospiti massimo, me incluso) in cui cucinare, preparare spettacolari frullati di frutta fresca comprata al mercato e guardare, dopo pranzo, la partita serale degli europei di calcio.
La citta' e' la base per le attivita' di sport estremo in Colombia e oltre a cio' che provero' sulla mia pelle (rafting, kayak e caving) ci si puo' gettare per pochi euro in paragliding, torrentismo e per i piu' esperti nel rafting livello 5 del vicino Rio Suarez.
Nel complesso passo una settimana favolosa segnata dallo scorrere del fiume che da qui si gettera' nel piu' grande Magdalena e piu' a nord nel mar dei caraibi. La sera in particolare, vado a correre sull'alberato lungofiume e mi fermo a prendere fiato sulle sue rive, imergendoci i piedi. E non posso fare a meno di associarne lo scorrere alla vita, inesorabile, lungo o breve che sia, verso il mare.

E anche io mi muovo verso il mare, con interminabili trasferimenti in autobus che eventualmente mi portano una notte a Cucuta, una citta' incasinatissima, sporca e dall'aria poco raccomandabile. Poche ore di sonno e pochi km piu' avanti, un cartello recita ¨Bienvenidos a la Republica Bolivariana de Venezuela¨

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