Via col vento


"Se tu potessi fare solo un trekking nella tua vita, Torres del Paine sarebbe la scelta da fare. E' indimenticabile"  BestHike.com

Quella che segue e'  la cronaca dell' avventura montana piu'  incredibile che abbia mai vissuto. Sei giorni di circuito, al termine dei quali mi ritrovo con innumerevoli fiacche e tagli sui piedi, un bernoccolo in testa grosso come una noce e un ginocchio gonfio e sanguinante. Ne e'  valsa la pena.

Giorno 0: L' attesa
A Puerto Natales, cittadina della regione Antartica Cilena, paso una giornata facendo i preparativi per la settimana che mi attende. Priorita´ numero uno e´ comprare nuove scarpe da trekking, grazie alla tedesca Sina (vedi post Uruguay): rieco a trovarne un paio identiche alle mie precedenti (all' indentico prezzo in Italia, tra l' altro) e le indosso subito cercando di "usarle" il piu'  possibile il primo giorno. Prendo in affitto tenda, materassino, sacco a pelo e cucina da campeggio, faccio il pieno di pane, affettati, sali minerali e zuppe liofilizzate per essere completamente indipendente. Conosco all' ostello alcuni ragazzi che rivedro' sul sentiero (due tedeschi) e altri che non rivedro' (fortunatamente, una marea di israeliani per cui il circuito completo e´ troppo faticoso), compro il biglietto del bus per il parco e preparo lo zaino. Che l'avventura cominci!

Giorno 1: La terra
Sveglia alle 6:30, colazione e bus alle 7:30. Tra il tragitto e le procedure d' ingresso al parco, sono finalmente sul sentiero alle 10:30. L'inizio e´ semplice, il sentiero passa prima per una piana battuta dal vento con vista sul massiccio del Torres, poi segue il corso del Rio Paine. Pioviggina e il vento e'  forte; in meno di 4 ore raggiungo il Campamento Seron, ma conoscendo le previsioni del tempo per il giorno seguente (pioggia), decido di andare oltre e provare a raggiungere il campamento Dickson, dato a 6 ore di distanza. I nuvoloni neri sopra di me non promettono nulla di buono, ma non piovera'  per tutto il giorno. La strada si fa piu'  impegnativa: si sale fino al passo Paine, con vista sul lago omonimo lungo costoni di roccia, e proprio qui'  il vento fa la sua presentazione ufficiale: raffiche cosi'  forti che fatico a stare in piedi. Non c'e' altra soluzione che attendere i rari momenti di calma per mouversi. Sceso dal passo attraverso una bella foresta e un palude, inizio a sentire dolore ai piedi con le scarpe nuove e prevedo peggio per i prossimi giorni... Quando ormai sono le 19 (ma e'  ancora chiaro, il sole tramonta tardissimo qui'  a sud) finalmente scorgo il Campamento Dickson, splendidamente adagiato sulle sponde del lago omonimo. Durante il primo giorno, ho incontrato si e no 10 altri camminatori. Da segnalare la francese Rebecca, che vive a Venezia da quattro anni vendendo maschere e parla con accento veneto. Di regola, i "Mado'... che sboro!" e gli occasionali "D** can! Che bel!".

Giorno 2: La Pioggia 
Come previsto, la sveglia e'  bagnata. Sotto la pioggia disfo la tenda e mi avvio sul sentiero per le previste 4 ore di camminata fino al prossimo camp. La strada oggi e'  tutta nella foresta, ma gli alberi non frenano il diluvio che si abbatte sopra di me, rendendo il sentiero un fiume di fango. Fa anche piuttosto freddo, e quando raggiungo il piccolo ghiacciaio Hielo la pioggia si trasforma in una fitta grandinata con vento laterale. Vorrei tanto estrarre la macchina fotografica per scattare una foto, ma le mie dita non rispondono... meglio affrettarsi verso il campamento Los Perros, che dista solo un km. Arrivato, mi rifugio direttamente nella piccola baracca allestita per combattere il freddo, cucinare al riparo da vento e pioggia e asciugare i vestiti fradici. Le mie mani sono congelate a tal punto che devo chiedere l' aiuto di un ragazzo per slacciarmi lo zaino prima di mettermi vicino alla stufa a legno. Oltre ai trekkers provenienti come me dal Dickson, piano piano cominciano ad arrivare i pochi che hanno tentato il prossimo tratto del circuito, ma sono dovuti tornare indietro perche'  impossibile. In condizioni pietose di quasi assideramento, alcune ragazze in lacrime, raccontano di raffiche di vento cosi'  forti da alzare la gente da terra. Asciugato il mio sacco a pelo e mangiata la mia zuppa me ne vado in tenda a riposare. Inizia a nevicare.

Giorno 3: La neve
La tenda, come gli alberi e l'erba, e'  ricoperta da uno strato di bianca neve, ma il tempo sembra clemente, senza vento o precipitazioni, per cui decido di tentare il Paso John Gardner, comunemente detto El Paso. Dopo un paio d'ore nel bosco, una magnifica vista sulla vallata innevata si apre davanti ai nostri occhi (si va in gruppi oggi, ordine dei rangers per motivi di sicurezza). Ancora un' ora ed inizia la scalata vera e propria, lungo un canalone di rocce e rivoli d'acqua gelida, neve e ghiaccio. La vista dal passo e'  qualcosa di eccezionale e spazia sull' immenso ghiacciao Grey. Discesa e risalita, si arriva al campamento Paso alle 14, c' e' ancora tempo per un paio di extra ore per raggiungere il piu'  tranquillo e meglio locato Campamento Los Guardas. Totale di giornata: 9 ore di cammino. C'e'  il sole al campo, ma non durera'...

Giorno 4: Il ghiaccio
Devastato da tre giorni intensissimi, con le vesciche ai piedi che stanno iniziando a farmi preoccupare, mi accodo ai due tedeschi e due americani del Montana e decido per un giorno soft: sveglia alle 10 e due ore scarse fino al Rifugio-Campamento Grey. Qui, relax e il confort della prima doccia calda. Durante il giorno piove a dirotto, ma questo breve tratto di strada e'  molto scenico e permette di apprezzare il ghiacciaio in tutta la sua grandezza.

Giorno 5: La roccia
Il giorno piu'  impegnativo e´ questo sulla carta: grazie ad un genio (stranamente, da Israele) che intorno a natale ha pensato bene di bruciare la carta igienica dopo una cagata invece che portarsela dietro con tutta la sua spazzatura, la zona e'  stata infestata dagli incendi per due settimane e al momento i tre campamenti solitamente disponibili sono chiusi: questo obbliga gli escursionisti a una giornata di 9 ore fino al piu'  turistico circuito detto "W", che rappresenta anche l' ultima parte del nostro circuito completo.
Lo scenario e'  fantastico, laghi, fiumi, lagune e, da mezzogiorno in avanti, i giganteschi picchi di granito chiamati "Los Cuernos". Le mie gambe iniziano a cedere e le vesciche sono come coltelli nei piedi ad ogni passo, ma in un modo o nell' altro riesco a raggiungere il campamento attorno alle 5 del pomeriggio. In teoria avrei ancora due giorni: uno per raggiungere "Las Torres" e uno per l' escursione giornaliera alla base delle torri. I miei piedi pero'  iniziano ad essere una seria preoccupazione, le vesciche sanguinano ed iniziano a vedersi i primi segni di infezione. Il piano prevede quindi una partenza presto il mattino seguente e la chiusura del circuito in modo da prendere il bus per Puerto Natales alle 14.

Giorno 6: Il vento
La sveglia e'  puntata per le 6, ma non ce ne e'  bisogno. Alle 5 vengo svegliato dal vento, la tenda si sposta letteralmente dal terreno. Fatto lo zaino, inizio il cammino finale, ma il vento lungo il lago Nordenskjold e'  talmente forte sul sentiero in costa che avanzare di pochi metri e'  un impresa. Quando sembra che diminuisca d' intensita', corro fino al successivo posto riparato, ma in un occasione, vengo letteralmente scaraventato contro la parete di roccia, sbattendo violentemente un ginocchio. Altro momento drammatico quando, passando in un canalone, il vento solleva una miriade di sassolini che colpiscono come grandine. Esausto ma soddisfatto, raggiungo l' ultima vallata, il vento sempre presente ma tollerabile, e prendo il bus del pomeriggio per Puerto Natales, dove rimarro' per qualche giorno a curarmi le ferite. La sera del fine-trek, mi trovo con gli altri americani e tedeschi per il primo pasto decente dopo una settimana di zuppe liofilizzate e panini: trancio di salmone e la buona birra locale.

Sei giorni, 120km di camminata, tutte le condizioni atmosferiche possibili ed immaginabili, infortuni e acciachi vari, ma ne e'  valsa la pena. Domani e' un altro giorno di questa fantastica vita.
Ora dovro'  stare una settimana almeno prima di indossare un paio di scarpe, aspettando che il ginocchio si sgonfi prima di fare di nuovo una lunga camminata ma, francamente, me ne infischio.

Hasta luego!

Commenti

  1. Dopo questa esperienza, cosa rapprsenterebbe per te il giro completo delle Orobie? Quasi una passeggiata in via XX settembre...

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