Mandalay Rain



Mandalay, solo il nome, ricordando Kypling, ispira serenita', pace,
l'Asia nella sua accezione piu' seducente, l'Indocina e i misteri che
nasconde. Mi lascio alle spalle la trafficata Kunming in un grigio e
freddo pomeriggio. La Cina e' distante molto piu' dei 400 km sulla
carta. Devo abituarmi di nuovo: i prezzi, la gente, il cambio, il
clima, i rumori, i sapori, tutto e' nuovo e la strada che
dall'aeroporto arriva in citta' me lo ricorda con un dolce odore di
non so che pianta, con l'umidita' elevata e la gente che gia' appare
sorridente nei suoi longy (gonne) uomini e donne.
L'eccitazione e' a mille: ritrovo quell'emozione di trovarsi in un
posto completamente nuovo e sconosciuto, senza la Bank of China e la
Beijing Lu, senza il People's park o Kfc o la Ktv.
La prima notte e' stata dura, con tante, fastidiosissime zanzare (ora
ho le sette stelle di okuto stampate in fronte) ed e' seguita
dall'insolita (per la stagione) pioggia tropicale, dovuta alla coda di
un ciclone in India. Tre giorni cosi' non sono il massimo per
cominciare, con le strade in versione "piscina di fango", ma dopo il
primo giorno passato a leggere e riposarmi (da cosa???), il secondo mi
butto in strada sotto l'acquazzone per visitare almeno la Mandalay
Hill e qualche Paya. Mentre percorro il fossato del palazzo reale
sotto un'acqua da doccia, supero una coppietta birmana: dopo 200m il
ragazzo mi rincorre e mi offre il suo ombrello, che tanto loro possono
usarne solo uno. Un tassista mi chiede se ho bisogno del taxi per
salire la collina: gli dico di no perche' voglio salire a piedi, al
che lui mi suggerisce una strada coperta cosi' da non bagnarmi
ulteriormente e mi fa gli auguri per una buona passeggiata. Ma dove
sono finito?

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