La dura legge della montagna


Ritorno in Chile, seppur dopo una sola, breve parentesi a Puerto Natales un mese fa, e mi appresto a qualche settimana in questa terra definita da molti un paradiso terrestre, che ho imparato a conoscere tramite i romanzi di Isabel Allende e i racconti di Pablo Hernandez (che non e' uno scrittore, solo il mio miglior amico in Nuova Zelanda). Immediatamente dopo il valico andino che costituisce il confine, si percepisce il cambiamento rispetto all'Argentina. Le ande formano infatti una incredibile barriera naturale che blocca le precipitazioni provenienti dal Pacifico, creando una discrepanza enorme nel volume d'acqua che le due nazioni ricevono annualmente. Il lato cileno infatti e' incredibilmente piu' verde. Non solo, ad un primo impatto sembra anche molto molto piu' curato di quello argentino, con case di legno colorate e strade pulite.

Salto direttamente la capitale degli sport outdoor, Pucon (se non altro perche' e' tappa fissa dell'Hummus Trail) e mi stanzio nella vicina Villarrica, cittadina tranquilla sulle sponde del lago Villarrica, alle porte del parco nazionale Villarrica e da dove, se il cielo e' sereno si puo' ammirare la sagoma conica e la bocca sempre fumante dell'attivo vulcano.... Villarrica, appunto.

Non che ci sia niente di particolare da fare in citta', ma l'ostello di gestione svizzera in cui decido di stare per qualche giorno e' pulito, accogliente e serve colazioni clamorose.
Mi metto in lista d'attesa per scalare il vulcano, ma per 4 giorni non se ne fa niente causa maltempo (se non e' perfettamente chiaro non si ha l'autorizzazione a tentare la scalata) e allora leggo e passo il tempo bighellonando per il mio paesino ¨Israeli free¨ (sono tutti a Pucon) e per la verita' anche ¨turist free¨ perche' a parte gli ospiti dell'ostello (quattro gatti) in citta' ci sono solo cileni.

Un  giorno vado alle terme di Los Pozones e incontro per la centesima volta i due americani del Montana con cui avevo camminato il Torres del Paine. Le terme sono solo 4 pozze d'acqua molto rustiche e molto calde e piacevoli a lato di un fiume di acqua fredda (!!!).

Il giorno della scalata finalmente arriva. La sveglia e' alle 5, per andare a Pucon che e' sede dell'agenzia a cui mi unisco (non e' possibile salire il vulcano in maniera indipendente). Gia' appena arrivato in agenzia inizio a mettermi le mani nei capelli: del gruppo di 23 persone, 17 sono israeliani, gli altri da Svizzera, Usa, Nz e Australia. Subito i miei amiconi mediorientali iniziano a farsi notare per la rumorosita' (e alle 6 di mattina irrita anche piu' che nel resto della giornata) e il solito fare cazzone che mi sta sull'anima. Per controllare l'equipaggiamento e preparare le borse (alcuni devono addirittura noleggiare le scarpe) ci mettono 2 ore, tra una canzone, una chiacchierata e una sigaretta e cosi' arriviamo all'entrata del parco alle 8.30. Ora mi direte che sono razzista, ma proprio non ce la faccio a non irritarmi alla presenza dei soliti ragazzi (vestiti tutti uguali, tra l'altro) che fanno i bulli e le solite ragazze (vestite tutte uguali tra l'altro) con rossetto, trucco e smalto sulle unghie per andare in montagna.

A completare il tutto, una delle guide cilene (tra l'altro simapticissimo) ha il difetto di adorare forse la piu' orrenda canzone che abbia mai sentito e l'inizio della camminata e' scandito dalle note degli speakers del suo cellulare: ¨la gente esta mui loca...¨ l'inizio e' semplice, ma quasi tutti eccetto i non israeli optano per prendere la seggiovia e saltare i primi 2 km di camminata. Intanto le casse continuano senza sosta ¨all day... all night... what the fuck!¨ Siamo gia' l'ultimo gruppo a tentare l'ascesa, ci manca solo che le ragazze chiedano continui stop (e che le guide le accontentino). A meta' strada, quando e' tempo di indossare i ramponi da ghiaccio e estrarre la picozza, il cielo limpido del primo mattino (nella foto) ha ormai lasciato spazio ai nuvoloni inquietanti delle 10.45. Di fronte a noi si staglia il ghiacciaio che arriva fino al cratere, percorso da centinaia di persone, ognuno col suo gruppo. In generale, la camminata di per se non e' niente di particolarmente impegnativo, ma se affrontata in cattive condizioni meteo (come ogni camminata del resto) puo' nascondere insidie non da poco. Saliamo, sempre molto lentamente e alla fine in vetta ci arriviamo in 7 (di cui 2 israeliani), dove veniamo colpiti da una soffiata di zolfo che letteralmente toglie il respiro. Inizia a grandinare ed e' il caso di levare le tende al piu' presto, ma raggiunto di nuovo il gruppone che si era fermato poco prima del cratere, ricomincia la solita tremendamente dolorosa, lenta andatura. Tra ragazze impaurite che non riescono a scendere se non a braccetto di una guida e altri inconvenienti vari  (ragazzi che si sono messi male i ramponi che devono continuamente aggiustarli e il top: una tizia asmatica che non pansava avesse bisogno dell'inalatore e si mette a chiederlo a chiunque.... cioe', ho capito bene? a 2800 metri in cima ad un vulcano?) la grandine torna neve e successivamente pioggia e la discesa si fa terribilmente bagnata e fredda. Sulla via passiamo diversi team di soccorso e cominciamo a sentire voci davvero preoccupanti su quanto e' successo in giornata, al che inizio a ridimensionare i miei piccoli insignificanti inconvenienti e ringraziare il cielo che nulla sia successo di piu' grave al nostro gruppo (le brutte notizie non frenano lo spirito canterino dei soliti noti, tristezza...).

A fine giornata, il bilancio di guerra (tra le 20 compagnie che hanno affrontato la scalata) e' di un morto, un disperso (probabilmente morto anche lui, il team di ricerca ha abbandonato per le cattive condizioni meteo) e 3 infortunati gravi (caviglia rotta, femore rotto, volto sfigurato da una caduta tra le rocce).

Al che non posso farmi sfuggire una riflessione con una delle guide cilene. Mi confida che se anche il morto non succedeva da un paio d'anni, ogni singolo giorno di escursione al vulcano almeno un infortunio del tipo caviglia rotta o distorsione al ginocchio succede. Ma io mi chiedo: che senso ha andare a scalare un vulcano che, ripeto per me non era niente di proibitivo o pericoloso, ma e' pur sempre una cima vicina ai 3000 metri se non hai MAI messo un paio di scarpe da montagna in vita tua? Se non hai mai nemmeno fatto una passeggiata alla domenica al Rifugio Calvi? Perche'? E ci sono davvetro centinaia e centinaia di persone che lo fanno. E' un'assurdita' inaudita e che se io fossi la CONAF (il dipartimento dei parchi naturali cileno) cercherei di scoraggiare il piu' possibile, a costo di affossare un business lucrosissimo come quello delle escursioni al vulcano Villarrica. Il prezzo da pagare e' troppo alto, con la dura legge della montagna non si scherza.

Hasta Luego

Commenti

  1. il rossetto mentre si va in montagna?? quando mai! cose mai viste eheeh

    Gesú

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