Almaty, il nonno delle mele


Già le ultime centinaia di metri prima della stazione mi regalano splendide vedute sulle montagne del Tian Shan, illuminate dai primi bagliori dell'alba. Le montagne sono incredibilmente vicine, e si stagliano dalla steppa fino ad oltre 5000 metri. La grande città di Almaty (letteralmente "il nonno delle mele") mi si apre sonnolenta la prima mattina dell'anno nuovo. Cammino un'ora dalla stazione all'ostello, nelle vicinanze della grande piazza della repubblica e inizio a farmi un'idea dell'ex-capitale. I palazzi e le strade, i caffè e i negozi, sembrano urlare la loro differenza dalla Karaganda in cui vivo: si respira un' aria quasi europea tra i grandi viali alberati e i parchi ornati da sculture ed elaborati lampioni. A sfondo di tutto le grandi montagne innevate, raggiungibili in poco meno di mezz'ora di auto. Si, perchè ci vado in auto portato da Aigerim, una ragazza di couchsurfing che si offre di mostrarmi un po' la città e in particolare le aree di Medeu e Chimbulak, dove rispettivamente il più elevato stadio del ghiaccio al mondo e gli impianti sciistici attraggono orde di vacanzieri Kazakhstani. Per quanto le due località siano affollate, non possono accogliere tutta la città di Almaty, e mezza metropoli se n'è andata altrove per le vacanze di fine anno. Passo quindi 3 giorni a camminare nella tiepida (anche +10 gradi) aria del giorno, a leggere sorseggiando caffè, a tentare di visitare musei chiusi per ferie e a sudare nella sauna dei più antichi e maestosi bagni pubblici della regione. Spendo un sacco di soldi per i pasti, deliziandomi con i cibi delle diverse culture che compongono il complicato mosaico Kazako: Georgiani, Uzbeki, Uighuri, Kirghizi, Russi e Ucraini.
Mentre i suv sfrecciano per le strade e i soliti inconvenienti (gente fuori di testa in ostello) mi regalano attimi di sconcerto, mi godo questa atmosfera, questo brivido sempre nuovo del non sapere dove andare, cosa ti aspetta dietro al prossimo angolo, che incontro ti riserverà la prossima ora.
Dopo le 18 ore di treno di ritorno, mentre il mattino presto cammino per le strade di Karaganda verso casa, non posso fare a meno di sorridere, ancora, e di ripromettermi questo proposito per l'anno nuovo: viaggiare di più!

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