Transinistria e "l'esistere o non esistere"


La mia prima volta fu in Artsakh (o Nagorno-Karabagh). Lo scorso Aprile sono andato in Abkhazia. Il fetish per questi paesi a tutti gli effetti che non vengono riconosciuti dalla comunità internazionale (principalmente per evitare "incoraggiamenti" all'imperialismo della Russia) mi porta a voler attraversare, anche solo per qualche ora di pedalata la Repubblica Moldava di Pridniestrov, comunemente detta Transnistria.

Come nei casi sopracitati, c'è un confine, ci sono i militari e i poliziotti, c'è una lingua diversa dallo stato "ufficiale" di appartenenza, c'è un governo, c'è una moneta. C'è il fattore tempo: in questo caso (come in 3 su 4 dei paesi che formano questa singolare alleanza) 25 anni. C'è praticamente tutto per considerarlo uno stato. E nonostante non sia uno sciocco e sappia il perchè la Russia appoggi queste repubbliche, non certo per spirito di solidarietà ma per interesse suo personale di influenza, come nel caso dell'Abkhazia credo che non si possa ignorare la volontà dei popoli di autodeterminazione. Tutti i confini mondiali sono stati scritti più o meno a tavolino, o come conseguenze di trattati o guerre o compravendite. Non capisco perchè quando una popolazione di russi si trovi in netta maggioranza in un territorio ben definito in una repubblica diversa (attarversata da super-nazionalismo che ne minaccia l'identità stessa) non possa decidere di staccarsi e decidere il proprio futuro. (Si, sto alludendo anche a Crimea e Dombas).

Oltretutto la stupidità umana e l'ancorarsi al nazionalismo più becero e retrogrado porta a situazioni come questa e le due in Georgia dove lo sviluppo economico, la pace e la collaborazione vengono sacrificate sull'altare della propaganda e del sentimento patriottico.

La Transnistria, in ogni caso, grazie anche al fatto di aver dato la vita a un paio di magnati russi non da poco, vive una situazione di benessere accomunabile a quella della Russia più che alla povera Moldova. Tutto è pulito, in ordine, funzionante e all'apparenza tranquillo. Poi certo, ci sono le ombre: diritti umani non rispettati, traffici sospetti di organi e di armi, riciclaggio di denaro sporco da tutto il mondo. Ma, cara comunità internazionale: cosa ci si può aspettare se non si riconosce uno stato? se non gli si da l'opportunità di esistere, di aprirsi, di comunicare, di far parte del mondo?

Riflessioni politiche e sociali frullano nella mia testa mentre i pedali mi portano in Ucraina e su alcune delle strade peggio ridotte che abbia mai percorso, sotto il sole cocente a bere deine di litri d'acqua fino alla grande ittà portuale di Odessa. Una notte, il breve trasferimento al porto di Chornomorsk e l'imbarco sul traghetto in compagnia di altri ciclisti diretti in Georgia. Quasi 3 giorni di attraversata scanditi dal ritmo dei pasti spesso a base di salsicce, 2 libri letti e tanto riposo, e una mattina all'orizzonte appare il confuso e eclettico skyline della Rimini georgiana: Batumi.

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