Couchsurfing Kazakhstan (2a parte)


Con Gulmira e Dinara mi reco nel nuovo centro a sud del fiumeYesil e subito mi si para davanti agli occhi un'irreale successione di grattacieli e palazzi futuristici dalle forme più improbabili. Il presidente-re-dio in terra del Kazakhstan (già ex-segretario del partito comunista nei tardi anni 80) decidendo di stabilire qui la nuova capitale del paese ha chiamato a se alcuni tra i più rinomati architetti inglesi e giapponesi per rendere lo skyline di Astana attrattivo come quello della City o di Tokyo. O per superare entrambe, un giorno. Ecco quindi che spuntano ovunque creazioni di ferro e acciaio che ricordano tende, piramidi, vulcani, trapezi e forme a me fin'ora sconosciute,

La prima tappa per noi è il nuovo e moderno museo nazionale dove, oltre al solito classico salone dedicato al presidente e ad una enorme aquila dorata all'ingresso, c'è finalmente l'esposizione che cercavo da tempo, quella sull'uomo d'oro. Il sud del Kazakhstan prima delle invasioni da parte delle innumerevoli orde mongole era territorio de Saci, popolazione guerriera di hanno scritto Eracito e Tolomeo. Questi talentuosi cacciatori e cavalieri hanno imperversato in un'area che spazia dalla Persia alla Siberia per secoli ed avevano un'interessante civiltà in cui donne ed uomini erano considerati pari, tanto che una donna non poteva sposarsi se prima non aveva ucciso un uomo in battaglia per provare il suo passaggio all'età adulta. Esperti lavoratori di metalli, seppellivano i loro guerrieri più importanti con elaborati costumi e corredi. Uno di quelli scoperti ad oggi ha dell'incredibile, con oltre 4000 pezzi d'oro, ed è appunto conosciuto come "l'uomo d'oro" (o donna?).
Di fronte al museo si stagliano i futuristici centro culturale, mausoleo della patria, la nuova bellissima grande moschea, la piramide della comunione tra i popoli, dove ogni anno si svolge, all'ultimo piano, la conferenza interreligiosa mondiale. Di fronte alla piramide il maestoso palazzo presidenziale.

Sulla sponda nord c'è il Bayterek, una torre di cento metri sormontata da una sfera dorata che simboleggia la leggenda Kazakha di Samruk. L'uccello mitologico che depose su un albero altissimo e irraggiungibile un uovo dorato con all'interno il segreto della felicità dell'uomo. Al giorno d'oggi è possibile entrarci in questo uovo e guardare dalle sue vetrate il segreto della felicità (secondo i Kazakhi, almeno): lo sviluppo pazzesco di questa capitale che 20 anni fa era un paesino perso nella steppa. Incontro Sasha, un mio studente diventato ormai amico (l'ho avuto da settembre ad oggi per 3 sere la settimana in classe) faccio una puntata all'enorme centro commerciale a forma di tenda (con tanto di "spiaggia" interna, onde e sabbia portata da Santo Domingo) e concludo la serata tra una birra in un pub dedicato a Che Guevara e le minacce di chiamare la polizia di una vecchia signora, dopo che Gulmira mi aveva convinto ad entrare in un grattacielo di appartamenti per fare delle foto allo skyline notturno.

Il giorno dopo è molto più tranquillo, visito la parte vecchia della città, cammino sul bel lungofiume ancora ghiacciato e bevo un caffè in uno dei bar più accoglienti e d'atmosfera che abbia mai visto. La sera torno a Karaganda in treno e dopo la solita camminata lungo Bukhar Zhirau e Nurken Abdirov mi faccio una doccia e vado a dormire. Prima di coricarmi inizio a realizzare che siamo quasi alla fine. Solo poche settimane e lascerò questo paese per tornare nella cara vecchia Europa.

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