Kaladze for president



La Georgia. Dove iniziare?

E' un paese dove gli uomini si chiamano Mamuka, Mirian, Lasha, Saba e le donne Nino, Maiko e Ketevan. Il patriottismo qui è a livelli altissimi, comparabile alle repubbliche baltiche visitate quest'estate. L'orgoglio nazionale va oltre le normali barriere della lingua e delle tradizioni. Essere georgiano vuol dire usare una scrittura unica al mondo, mangiare roba che nessun'altro al mondo conosce (oltre alle specialità famose si, ma solo nell'ex-Unione Sovietica), sentirsi fuori da ogni contesto socio-culturale: non sono europei, non sono asiatici, non sono mediorientali, sono a modo loro. E' una cosa difficile da spiegare e solo venendoci e respirando l'atmosfera, guardandoli in faccia e sentendoli parlare (caciaroni, come ogni buon popolo "del sud"), agitare le mani "all'italiana" e bere vino a profusione che si può intuire.

E' un paese dove tutti in superficie sono in guerra con la Russia perchè "sta occupando il 20% del nostro territorio nazionale", ma che se poi ti siedi a spiagere il tuo punto di vista si scrollano di dosso la propaganda e il qualunquismo e si dimostrano molto più aperti di vedute di quanto sembri. Tutti sono artisti a modo loro. Se non come Ia che ha i suoi lavori esposti a New York e Amsterdam o Natia che insegna a dipingere ai bambini, magari come Giorgi che passa ogni momento libero dala scuola  suonare il sax. Se non come Nini che segue la passione di famiglia e organiza pop-up-show di teatro nei sottopassaggi, come Misha che si definisce "il Picasso della cucina Georgiana".

E' un paese dove con molti più soldi a disposizione per la campagna elettorale e forte della tua popolarità nel calcio e nel Milan diventi la seconda carica del paese (oops, questo in comune con noi ce l'hanno proprio). Kakha Kaladze seguendo le orme del suo ex presidente diventa sindaco di Tbilisi (la capitale ha la metà degli abitanti di tutto il paese, in pratica è un "secondo presidente") al primo turno, sbaragliando la concorrenza grazie, si dice, a funamboliche promesse elettorali, a favori dispensati a destra e a manca, e ovviamente ai cartelloni in stile "meno tasse per tutti", con il suo faccione in bella vista.

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