"Gdye Gdye?" "Karagandye!"


Il titolo è un popolare detto Russo. Viene da una storiella in cui un viandante si ferma nel mezzo del nulla assoluto e chiede ad un uomo dove si trova. La risposta? Sei a Karaganda! Per intenderci è equiparabile al nostro "in casa di dio" o al meno fine "in culo ai lupi" o alle capre, ci siamo capiti. Una delle numerose tazze che ho ricevuto in dono da amici e studenti durante questo anno illustra proprio la celebre storiella. Per l'altra tazza sebbene non ci sia nulla da spiegare in teoria, nella pratica qualcuno si potrebbe chiedere cosa ci sia da amare qui in casa di dio.

Nonostante qualche screzio con dei colleghi sul lavoro, l'inverno procede tranquillo, la neve scende copiosa e al sabato sera la birra scorre a fiumi. In una di queste uscite finisco a parlare con colleghi polacchi di improbabili trasmissioni televisive e inizio una faida all'ultima rappresaglia (a suon di scherzi più o meno simpatici) con l'inglese Peter rubandogli una patatina fritta. Un'altra sera non dovevo neppure uscire e invece mi ritrovo con un'amica in un karaoke bar fino a notte tarda, trascinati in competizioni inverosimili e rendendosi ridicoli di fronte a tutto il pubblico. Alla fine però, ci sono un paio di drink gratis e, ancora più importante, un oscar come "migliore attore straniero" (ero l'unico straniero presente). Va nella mia virtuale bacheca insieme al premio regalatomi da una delle mie classi come "migliore insegnante d'inglese" (anche in questo caso, l'unico, simpatici i ragazzi) e a tutte le tazze (8) ricevute in questi mesi. Solo un paio faranno ritorno con me in Italia. Lo zaino è piccolo. Ma i ricordi di questi assurdi momenti, dei rapporti umani costruiti e del freddo pungente me li porterò sempre dentro.

Mai l'avrei pronosticato quando ho salito per la prima volta le scale orrende e mi sono coricato sul duro materasso del mio appartamento: I love Karaganda.

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